
Oggi, 15 Maggio, si celebra la Giornata Mondiale della Famiglia istituita dalle Nazioni Unite nel 1993 per sottolineare l'importanza della famiglia come unità fondamentale della società.
Sappiamo che rispetto al passato il concetto classico di famiglia fatto da padre, madre ed eventuali fratelli e sorelle è nelle nuove generazioni molto diverso. Per un giovane dei nostri giorni famiglia può essere anche due padri, due madri, uno solo dei due genitori o addirittura un concetto allargato tipo “mamma, zia e nonna”. C’è insomma una visione più ampia e diversificata in base alle situazioni personali.
Cosa porta a ciò? C’è nei ragazzi un senso di famiglia più forte o più debole rispetto a prima? I giovani sono proiettati a mettere su famiglia o predomina la libertà e l’individualismo?
A rispondere è un’indagine condotta dall’Istat, intitolata “Bambini e ragazzi 2023”, che ha intervistato sull’argomento i giovani di età compresa tra 11 e 19 anni. Secondo la ricerca il desiderio di creare una famiglia rimane presente tra i giovani prima dei trent’anni, ma con l’ingresso nell’età adulta si affievolisce fino a scomparire definitivamente. A influenzare questa tendenza sono le scelte economiche, ma soprattutto la cultura anti-natalista che modifica profondamente i loro desideri.
Andando ai numeri sono il 74,5% i giovani che pensano che, crescendo, vorranno vivere in coppia indipendentemente dal fatto di sposarsi. Il matrimonio si mantiene ancora come opzione preferita, desiderato dal 72,5% degli intervistati (più nelle donne in realtà che negli uomini). Il 76,9% sogna di convolare a nozze entro i trent’anni, mentre il 69,4% aspira ad avere figli e il 71,6% desidera il primo figlio prima dei 30 anni. In particolare è il 20,8% delle ragazze che desidera avere tre o più figli.
Questi numeri, che confermano i dati di precedenti ricerche, portano l’Istat a commentare che “nel nostro Paese il desiderio di maternità si mantiene sostanzialmente stabile nel tempo. Le risposte delle nuove generazioni confermano quindi che una ripresa delle nascite potrebbe essere possibile, a condizione che tali desideri possano essere trasformati in realtà”.
In effetti, la domanda che si pone spontaneamente è questa: come è possibile che, nonostante un desiderio così forte e promettente, gli indicatori concreti della realtà dimostrino che tale desiderio non si traduce in azioni concrete, né tantomeno in quella inversione demografica di cui il Paese ha così urgente bisogno?
Certamente, l’aspetto economico gioca un ruolo importante, ma non è l’unico fattore. Se i giovani non riescono a realizzare il loro sogno di mettere su famiglia e, dopo i 20 o i 30 anni, non vedono concretizzarsi questa speranza, è perché probabilmente non trovano alcun incentivo a sposarsi e ad avere almeno due figli. Sarebbero sufficienti politiche familiari più efficaci per stimolare questo desiderio? Probabilmente, come dimostrato dal caso francese, si potrebbe raggiungere la tanto desiderata media di due figli per donna, ma ci vorrebbero anni di politiche strutturali e di investimenti economici consistenti. Tuttavia, non sarebbe comunque sufficiente. La realtà è che gli stessi giovani, che oggi nutrono il desiderio di una famiglia e lo fanno anche in un contesto difficile come quello attuale, spesso sono soggetti a una pressione ideologica molto forte che, crescendo, li indirizza e li plasma al punto da spegnere quel desiderio e quella volontà di mettersi in gioco, anche in presenza di scarse risorse di sostegno statale.
L’incitamento all’aborto e alla contraccezione, fin dalla scuola, la normalizzazione del divorzio, la diffusione delle convivenze, spesso fragili e non strutturate, contribuiscono a indebolire il desiderio, a plasmarlo fino a trasformarlo in rassegnazione, alimentando quel ripiegamento su uno stato di necessità che, in realtà, rappresenta una trasformazione in senso edonistico e nichilista di quei giovani.
Questo si evidenzia già nelle sottocategorie dell’indagine: si nota un calo significativo del desiderio tra le fasce più giovani, con percentuali più basse passando dalla fascia 11-13 anni a quella 14-19. Questi ultimi, infatti, iniziano a modificare lentamente le loro aspirazioni, segno che l’indottrinamento e il contesto anti-famiglia influenzano e modificano in modo sostanziale queste aspettative.
Da questa indagine si può trarre un insegnamento fondamentale: sin dall’infanzia, nel cuore di ogni bambino risiede un desiderio innato di famiglia, di paternità e maternità, di progetti di vita. Tuttavia, il combinato di politiche di sostegno insufficienti e di un contesto fortemente ostile alla famiglia finisce per prevalere quando i giovani raggiungono l’età adulta e si affacciano alla vita indipendente.
Forse, basterebbe non spegnere questa spontaneità, ma piuttosto assecondarla e guidarla. Sarebbe possibile? Forse sì, ma si tratta di una sfida enorme, che richiede un cambiamento profondo di mentalità culturale e antropologica nel Paese e nelle sue istituzioni.