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Coordinatore di Redazione

Valerio Saitta

Lauree e stipendi: le facoltà di ingegneria e il Nord garantiscono retribuzioni più elevate

2025-06-18 06:00

Valerio Saitta

Apertura, Università,

Lauree e stipendi: le facoltà di ingegneria e il Nord garantiscono retribuzioni più elevate

Ci sono lauree che fanno guadagnare più delle altre? Prendere una laurea significa aumentare le possibilità di avere uno stipendio e un contratto dign

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Ci sono lauree che fanno guadagnare più delle altre? Prendere una laurea significa aumentare le possibilità di avere uno stipendio e un contratto dignitoso o no?
A queste domande ha cercato di rispondere una ricerca dell’University Report 2025, che ha cercato di capire se e come il livello di istruzione influisca in modo differenziato sulle opportunità di retribuzione e carriera.
Ciò che emerge è che attualmente il rapporto tra formazione universitaria e mercato del lavoro si presenta sempre più articolato e frazionato: se da un lato la laurea continua a essere un investimento significativo per la crescita professionale, dall’altro emergono disparità sostanziali tra diversi percorsi di studio, sedi universitarie e territori di provenienza. 

Entrando nel dettaglio vediamo che conviene laurearsi perché il tasso di occupazione di consegue una laurea è dell’82,2%, contro il 45,1% di chi possiede solo la licenza media. Nonostante questa prospettiva purtroppo in Italia solo il 29,4% dei giovani tra i 25 e i 34 anni possiede una laurea (una quota di 18 punti percentuali inferiore alla media europea). 
La differenza tra laureati e non laureati evidenzia un divario economico già visibile nei primi anni di attività: nel 2024, il reddito annuo lordo di una persona senza laurea si attestava intorno ai 30.063 euro, mentre quello di un laureato raggiungeva i 41.716 euro, con una differenza di circa 12.000 euro all’anno. 

Tuttavia, non tutti i percorsi accademici sono equivalenti: una laurea triennale, ad esempio, non comporta un significativo aumento di retribuzione rispetto a un diploma, mentre i benefici dell’istruzione superiore si manifestano pienamente soltanto con titoli di livello magistrale o con master.

Le lauree con le retribuzioni più alte sono per la maggior parte di natura ingegneristica: in prima posizione si trovano le lauree in chimica e materiali con 36.275 euro, seguite da nucleare (35.952 euro), meccanica (35.850 euro), gestionale (35.819 euro) e informatica (35.675 euro). Seguono le lauree in scienze economiche (35.218 euro) e matematica (35.050 euro), tutte con stipendi superiori ai 35mila euro all’anno per la fascia 25-34 anni.

Di contro le discipline umanistiche sono quelle con le retribuzioni più basse: scienze storiche e filosofiche (30.798 euro), studi sull’antichità (31.329 euro) e lingue straniere (31.407 euro) presentano stipendi inferiori anche dell’8% rispetto alla media nazionale. Questa disparità si traduce in oltre 5.000 euro di differenza annua e riflette un mercato del lavoro più frammentato, spesso legato al settore pubblico o a occupazioni con retribuzioni di partenza più contenute.

Continua ad influire molto anche il luogo in cui si ottiene la laurea: laurearsi al Nord comporta un vantaggio dell’8% rispetto al Sud (42.993 euro contro 39.688 euro) e del 4% rispetto al Centro (41.403 euro). Un divario che riflette non solo la presenza di aziende innovative nel Nord, ma anche la capacità di attrarre investimenti e talenti internazionali, che porta inevitabilmente a più concorrenzialità tra domanda e offerta e quindi a salari più alti.
Ad offrire retribuzioni più elevate sono le imprese private (44.327 euro contro 41.062 euro delle pubbliche amministrazioni).

Per quanto riguarda le Università, secondo il rapporto, gli atenei con i più alti redditi medi annui sono l’Università Commerciale Luigi Bocconi (41.375 euro), il Politecnico di Milano (38.171 euro), la LUISS Guido Carli e l’Università Cattolica del Sacro Cuore (circa 37mila euro). Seguono con circa 36mila euro l’Università di Napoli Federico II, l’Università dell’Aquila, il Politecnico di Torino, l’Università di Roma Tor Vergata (€ 36.152) e l’Università di Milano Bicocca (€ 36.074).

Al contrario, le istituzioni con i redditi più bassi sono le Università di Perugia, Siena, Pisa e Brescia (circa 32mila euro), le Università di Messina e Firenze (circa 31mila euro) e ultime le Università della Calabria e di Cagliari (circa 30mila euro).

Laurearsi però significa anche investire. Ebbene sì, perché tra tasse e materiale didattico uno studente per recuperare l’investimento impiega tra i 12 e i 19 anni (considerando anche il mancato guadagno durante gli anni di studio). Chi studia lontano da casa deve aggiungere altri 2-4 anni per coprire vitto e alloggio, con costi che variano significativamente tra le diverse città universitarie.

Il massimo valore si registra tra chi ha conseguito un master di secondo livello, il quale, secondo lo studio, può arrivare a percepire fino a 51.301 euro annui, mentre il livello minimo rimane legato ai percorsi di istruzione obbligatoria. Ciò conferma che l’istruzione rappresenta una leva di crescita, ma solo se si prosegue oltre i livelli di formazione di base.

Lo studio analizza anche la variazione media dei salari tra il 2015 e il 2024, rapportandoli al livello di istruzione dei lavoratori. I dati mostrano chiaramente che i laureati triennalisti hanno registrato un incremento salariale più elevato rispetto agli altri (+16,5%), rispetto a una crescita compresa tra l’8,5% e il 12% per gli altri gruppi.
I dati relativi alle diverse fasce di età permettono di osservare come il ritorno economico della laurea evolva lungo tutto il ciclo lavorativo: nelle fasi iniziali della carriera, la differenza di retribuzione tra laureati e non laureati è modesta, perché i non laureati tendono a entrare nel mondo del lavoro prima, accumulando esperienza. Ad esempio, tra i 15 e i 24 anni, chi non ha una laurea può percepire circa 26.600 euro, rispetto ai 28.700 euro di chi possiede un titolo accademico, con una differenza percentuale dell’8%. Tuttavia, questa divaricazione si amplia già dalla fascia d’età successiva (+21%).

A partire dai 35 anni, si verifica un vero e proprio punto di svolta: i laureati iniziano a registrare un’accelerazione salariale significativa, arrivando a un divario del 76% nella fascia over 55. Di conseguenza, il titolo di studio si configura come un investimento che porta benefici nel medio e lungo termine, in particolare per quanto riguarda avanzamento di carriera e accesso a ruoli di maggiore responsabilità.

Questa dinamica suggerisce che l’istruzione ha un ruolo strategico non solo per l’ingresso nel mercato del lavoro, ma anche per la stabilità occupazionale e la crescita delle retribuzioni nel tempo. L’analisi delle retribuzioni in relazione al livello professionale mostra che il possesso di una laurea non garantisce automaticamente un vantaggio economico in tutte le funzioni. Se per dirigenti e quadri il valore aggiunto dell’istruzione universitaria è evidente, lo stesso non si può dire per le figure operaie. I dati indicano che un operaio senza diploma percepisce circa 27.340 euro all’anno, rispetto ai circa 28.029 euro di chi ha conseguito un master di secondo livello, con una differenza inferiore a 1.000 euro. Mantenendo lo stesso livello di formazione dei dirigenti, i salari sarebbero di circa 101.752 euro per i primi e quasi 113.000 euro per i secondi.

In conclusione, il valore di un percorso universitario non si riduce alla retribuzione del primo impiego, ma va valutato considerando anche la capacità di accompagnare la crescita professionale nel tempo. In questa prospettiva, l’ateneo rappresenta un punto di partenza che può influenzare, ma non determinare, da solo, lo sviluppo di una carriera lavorativa.