
Da qualche anno purtroppo si sono moltiplicati gli episodi di cronaca in cui gli ambienti accademici sono diventati teatro di molestie. L’indagine “La tua voce conta”, promossa dal sindacato studentesco Unione degli Universitari (UdU) e riassunta dal portale Skuola.net, che ha coinvolto circa 1500 studenti universitari, ha portato alla luce una realtà inquietante: le situazioni di violenza e molestia di genere, infatti, si manifestano anche tra le aule, con la facoltà che non si dimostrano sempre accoglienti e le vittime che si trovano a dover fronteggiare non solo insulti verbali e pressioni psicologiche, ma anche la frustrazione di non poter contare su un sistema di supporto efficace.
Chi sono i potenziali autori di molestie? I soggetti indicati sono principalmente i docenti e i colleghi di corso (lo afferma il 48% degli studenti), seguiti da i compagni di studio (30,9%) e, in misura minore, il personale universitario (21,4%).
Colleghi e docenti universitari dunque “carnefici”? Certo non bisogna creare allarmismo e non si può dire che la situazione sia così ovunque. Eppure i dati fanno riflettere, poiché sebbene il 59% degli intervistati percepisca un clima in generale tutto sommato favorevole all’interno del proprio ateneo, un ragazzo su tre afferma invece il contrario, ovvero che l’ambiente sia invece ostile alle segnalazioni e alle richieste di aiuto.
Le violenze, comunque, non si verificano in tutte le università, ma tendono a concentrarsi in aree specifiche. Gli studenti percepiscono come più sicure le aule e le biblioteche, anche se sono segnalate da oltre il 10% degli intervistati (rispettivamente 16,1% e 13,2%). Più “pericolosi” sono percepiti invece gli uffici dei docenti (37,3%), dove si avverte un maggiore timore, seguite dagli spazi dedicati a stage e tirocini (31,3%) e dagli alloggi universitari (30,2%).
La ricerca evidenzia come la sensazione di tutela sia più forte nelle università del Nord e del Centro Italia, dove spesso sono state adottate misure di prevenzione più efficaci, presidi anti-violenza più visibili e una cultura della denuncia più consolidata. Di conseguenza, queste strutture sono percepite come più sicure. Al contrario, nelle regioni del Sud e nelle Isole, dove si riscontra una minore fiducia nelle istituzioni e una disponibilità di servizi inferiore, la percezione di sicurezza rimane molto più bassa.
Quanti sono a denunciare eventuali episodi? Non molti in realtà. La ricerca mette in evidenza infatti un aspetto fondamentale: nei giovani c’è scarsa conoscenza dell’esistenza degli sportelli di ascolto, dei servizi di tutela e di altri presidi. Una percentuale preoccupante (61,2%) afferma infatti di non aver mai sentito parlare di queste strutture, e più di un decimo è convinto che tali servizi non siano presenti nel proprio territorio. Chi ne è a conoscenza ritiene comunque che il territorio in cui vive non sia sufficientemente organizzato per affrontare i casi di violenza. Solo il 28,3% giudica efficaci gli strumenti anti-violenza disponibili.
Rimane comunque il dubbio sull’efficacia di un sistema capace di raccogliere eventuali richieste di aiuto: a cosa serve, infatti, denunciare se il contesto in cui si vive non è preparato ad affrontare adeguatamente le emergenze? O come fa un ragazzo a denunciare, se non si fa abbastanza promozione di queste strutture di ascolto?