
L'eccidio delle foibe causò più di 20.000 morti dal 1943 al 1945 e più di 250.000 esuli. Grazie alla legge 30 marzo 2004 n. 92, si commemora e si conserva «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani dalle loro terre durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato secondo dopoguerra (1943-1945), e della più complessa vicenda del confine orientale». La data della commemorazione, il 10 febbraio, si associa ad un riconoscimento rilasciato ai parenti delle vittime decedute nei territori circostanti Istria, Fiume e Dalmazia. Le zone di Trieste, Istria, Venezia Giulia e Fiume, ossia il confine italiano orientale, sono spesso state contese internazionalmente: una delle pretese del fascismo era, ad esempio, la loro italianizzazione. Nel 1943, l'Italia si rende inevitabilmente vulnerabile a causa dello scioglimento delle forze armate e del partito fascista. Nel mese di settembre, successivamente alla firma dell'armistizio, incombe la vendetta dei partigiani jugoslavi, comandati dal generale Josip Broz, meglio conosciuto con il nome di "Tito",suo nome di battaglia, contro i fascisti. Vengono torturati e gettati nelle foibe: inghiottitoi carsici, spesso utilizzati come discariche o come fosse comuni, in cui sono stati letteralmente "riposti" più di ventimila italiani, perlopiù civili. Le feroci esecuzioni proseguono: alcuni vengono torturati e uccisi, altri ancora deportati nei campi croati e sloveni. Segue un'atroce fuga di massa: intere città si spopolano, tanto che le stime danno a 250.000 il numero di italiani esuli per salvarsi da questa persecuzione.