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Coordinatore di Redazione

Valerio Saitta

“No alle bombe, più lavoro, istruzione e progresso tecnologico”: mentre l’Europa pensa al riarmo i giov

2025-04-12 06:00

Valerio Saitta

Apertura, attualità,

“No alle bombe, più lavoro, istruzione e progresso tecnologico”: mentre l’Europa pensa al riarmo i giovani chiedono democrazia e pace.

“No al riarmo, no all’invio di armi, no a questa Europa che ci condanna alla precarietà e ora ci manda a morire!”: è stato questo il principale slogan

“No al riarmo, no all’invio di armi, no a questa Europa che ci condanna alla precarietà e ora ci manda a morire!”: è stato questo il principale slogan che migliaia di ragazzi hanno gridato negli scorsi giorni per le vie di Roma e Torino. Dopo mesi di attesa e di incertezza sugli sviluppi delle trattative di pace in Ucraina, hanno deciso di non rimanere più in silenzio e si sono riuniti in piazza per esprimere il loro dissenso nei confronti del riarmo e della crescente militarizzazione sostenuta dall'Unione Europea. 

Queste proteste non sono episodi isolati e nemmeno dei momenti d’impulso, ma soltanto la punta dell’iceberg di un malcontento generale derivante dalla situazione economica e sociale drammatica che i giovani italiani ed europei sono costretti a vivere al giorno d’oggi. 
Secondo le ricerche infatti tra il 2011 e il 2023, sono circa 550.000 i giovani italiani tra i 18 e i 34 anni che hanno lasciato il Paese. Anche considerando i rientri, il saldo netto resta drammaticamente negativo, con una perdita di 377.000 unità e di 134 miliardi di euro in termini di capitale umano.
Un periodo lungo 12 anni, che è iniziato da prima che questi terribili discorsi bellici emergessero, prima che la Russia venisse considerata davvero una minaccia. Il che significa che per i ragazzi la possibile guerra non è in cima ai loro pensieri, e forse non è nemmeno possibile che possa avvenire. 

Sembra quasi dalle loro parole che l’Unione Europea abbia scelto di voltargli le spalle. Del resto ad andare in guerra sarebbero eventualmente loro e non i signori potenti in giacca e cravatta che da un pulpito decidono a piacimento le sorti del mondo come se giocassero a Risiko. 
Sembra che l’Europa, che sarebbe dovuta essere sinonimo di pace e progresso, si sia trasformata in una macchina burocratica al servizio degli interessi economici e militari delle grandi potenze e dei loro alleati industriali. Attraverso invece una diversa distribuzione delle risorse, sarebbe possibile costruire scuole, abitazioni e ospedali, investendo nella sicurezza sociale piuttosto che nella guerra.
Numeri alla mano, spendere soldi per il riarmo vuol dire distruggere il progresso. Si stima ad esempio che un’ora di volo di un F-35 costi circa 40.000 euro, una somma che supera più di un anno di stipendio di un insegnante. Con la stessa cifra investita per un'ora di addestramento militare, si potrebbe garantire un’istruzione a centinaia di studenti, migliorando le prospettive di una generazione.

Ma cosa vogliono i giovani dall’Europa?
L'Eurobarometro 2024, reso pubblico a metà febbraio 2025, fornisce un'interessante panoramica su ciò che è realmente significativo per i giovani: quali principi li orientano, cosa si aspettano dall'Unione Europea nei prossimi anni e come percepiscono il loro legame con la politica e le informazioni. Il primo dato evidente è che i giovani europei hanno una visione chiara dei valori che considerano più rilevanti. In cima alla lista c’è la protezione dei diritti umani, della democrazia e della pace (45%), seguita dalla libertà di espressione e di pensiero (41%). Valori come la dignità umana (28%), il rispetto della diversità (27%) e l'uguaglianza di genere (26%) emergono con forza, indicando una generazione attenta ai diritti e alle libertà fondamentali. Anche la lotta contro la discriminazione e la protezione delle minoranze (24%) rientrano tra le priorità. La salvaguardia della cultura e dell'identità nazionale (20%) e la solidarietà tra i vari paesi (19%) completano il quadro di una generazione che si identifica in valori condivisi, ma con sensibilità diverse nei vari Stati membri dell'Unione.

Le principali preoccupazioni riguardano il costo della vita e l'aumento dei prezzi (40%), l'ambiente e i cambiamenti climatici (33%) e la creazione di posti di lavoro (31%). Seguono la protezione sociale e l'accesso ai servizi sanitari (29%) e l'istruzione e la formazione (27%). Tra le altre questioni significative spiccano la sicurezza e la difesa dell'UE (21%), l'accesso all'abitazione (23%) e la gestione delle politiche migratorie (19%). Tuttavia, analizzando i vari paesi dell'Unione, emergono priorità diverse: nei paesi del nord, l'attenzione al cambiamento climatico è tra le principali preoccupazioni, mentre nel sud Europa il costo della vita e la precarietà lavorativa pesano maggiormente sulle sfide quotidiane delle nuove generazioni.

La fiducia nell'Unione Europea è un aspetto cruciale del sondaggio, dal quale risulta che il 31% dei giovani si dichiara favorevole all’Unione così com’è, mentre un ulteriore 32%, pur sostenendo il progetto e i valori, desidererebbe modificarne il funzionamento. C'è anche un 21% che si mostra scettico, ma disposto a cambiare idea di fronte a un cambiamento concreto dell'Europa. Solo un 6% si oppone apertamente. Rispetto ai dati del 2021, si riscontra un leggero aumento nel sostegno all'UE (+4 punti percentuali), mentre la percentuale di chi è insoddisfatto del suo operato è in lieve diminuzione (-2 punti percentuali). Oggi, i giovani vedono l'Unione principalmente come un'opportunità per ampliare le proprie possibilità di studio, lavoro e volontariato all’estero (37%), per migliorare la cooperazione tra gli Stati membri (31%) e per garantire pace e sicurezza (27%).