Sapete qual è la serie tv al momento più vista in Italia su Netflix? Una serie che parla di giovani! Si chiama Adolescence ed è la miniserie tv crime del momento ideata, scritta e interpretata da Stephen Grahamm e prodotta da Brad Pitt. Andata in onda per la prima volta lo scorso 13 marzo, in poco meno di un mese è riuscita a far parlare di sé ovunque.
I temi che vengono trattati del resto sono davvero molto attuali: si passa dal bullismo, per continuare con la criminalità tra i giovani e le sfide dell’essere genitori nella società contemporanea. Si presenta immediatamente come una storia crime tra le più classiche: una giovane studentessa, Katie, viene trovata morta e il caso, che viene subito considerato un omicidio, porta l’intera comunità scolastica e il piccolo paese inglese a mobilitarsi per trovare la verità. A scuotere particolarmente le coscienze è l’ipotesi che il responsabile possa essere un suo coetaneo. Protagonista è Jamie Miller, 13enne interpretato da Owen Cooper, che diventa il principale sospettato e viene presto accusato dell’omicidio. Mentre la polizia indaga e gli esperti analizzano il caso, Jamie deve affrontare il peso delle gravi accuse e si proclama innocente. Al suo fianco c’è il padre Eddie, interpretato da Stephen Graham, che vive l’angoscia del figlio insieme a lui. Gli eventi lo portano a mettere in discussione il proprio ruolo di genitore, facendo affiorare dubbi, sospetti, sensi di colpa e dolore.
Ma la trama di Adolescence si ispira a una storia vera, o meglio a più storie vere. La storia raccontata, infatti, affonda le sue radici in più fonti, che Graham ha raccolto a partire da un servizio giornalistico di cronaca nera che l’ha particolarmente colpito. Il caso riguarda un ragazzo britannico accusato di aver accoltellato una coetanea. La notizia ha portato Stephen Graham a chiedersi cosa possa portare un ragazzo giovane a commettere un tale atto così efferato e i creatori della serie ad approfondire crimini simili.
Jack Thorne, sceneggiatore dello show, ha dichiarato di essersi ispirato anche al libro Cries Unheard: Why Children Kill di Gitta Sereny, incentrato sugli omicidi commessi alla fine degli anni ’60 da Mary Bell, una bambina di 11 anni.
Adolescence non è quindi del tutto una storia vera. La storia di Jamie Miller raccontata nella trama non fa riferimento a uno specifico fatto di cronaca ma si compone di tante storie vere e diversi fatti di cronaca nera con un unico filo conduttore a unirli: i crimini compiuti da giovani senza un apparente motivo.
Alla luce di questa lettura, la serie tv esplora quindi anche la società contemporanea e le sfide che i giovani devono affrontare. E lo fa mettendo l’accento sulle pressioni che i ragazzi di oggi affrontano, dal confronto con i coetanei all’impatto di Internet e social media.
Il finale è amaro e drammatico tanto quanto il resto della serie tv. Dopo oltre un anno di detenzione, Jamie decide di dichiararsi colpevole proprio nel giorno del cinquantesimo compleanno del padre Eddie. La sua confessione mette fine a ogni speranza della famiglia Miller di provare in qualche modo l’innocenza del giovane. Alla confessione fa seguito una devastante sconsolazione da parte del padre che afferma “Avrei dovuto fare di meglio”, facendo risuonare la sua dichiarazione come un grido di rimorso per un fallimento che sembra travolgere tutti.
Lentamente vengono svelate le ragioni dietro il gesto compiuto da Jamie. Non si è trattato di una violenza senza motivo: il ragazzo è arrivato a uccidere Katie dopo diversi episodi di bullismo online in cui la ragazza lo aveva etichettato come “incel”.
Per chi non è avvezzo allo slang di Internet, “incel” è l’abbreviazione di involuntary celibate (tradotto, celibe involontario) e fa riferimento a una comunità online di uomini che si auto-definiscono incapaci di avere relazioni sentimentali o sessuali attribuendo la colpa alle donne o alla società. Sebbene non tutti gli “incel” siano violenti, il termine è spesso legato a narrazioni tossiche sulla mascolinità e sui rapporti interpersonali.
Di fatto, Adolescence non cerca mai di giustificare il suo comportamento – né l’arrivare a un omicidio come vendetta contro il bullismo.
Dipinge piuttosto un inquietante ritratto di come i fattori esterni, dall’ambiente sociale alle dinamiche tra i coetanei fino alla presenza pervasiva dei social media e la pressione sociale che ne consegue, abbiano influito sulla stabilità mentale e relazionale di Jamie, arrivando a trasformarlo in un omicida. Questa la spiegazione del finale.