Oggi si celebra la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo e per l’occasione le scuole e le istituzioni organizzeranno diverse attività per parlare di questo disturbo molto frequente nella popolazione. L’autismo infatti è una “diversità neurologica”, contraddistinta da difficoltà nelle interazioni sociali e nella comunicazione, che ha avuto un impatto significativo sulla salute pubblica, tanto da meritare una giornata e un mese dedicati, celebrati a livello globale da famiglie, scuole e aziende. Il Ministero dell’istruzione e del merito illuminerà il proprio edificio di blu, colore simbolo scelto dall’ONU per sensibilizzare i cittadini alla conoscenza e richiamare l’attenzione sui diritti delle persone e delle loro famiglie.
Secondo le ultime stime dell’Istituto Superiore di Sanità in Italia è autistico 1 ragazzino ogni 70/77, mentre secondo il CdC (Centers for Disease Control and Prevention) 1 ogni 36. Facendo una panoramica generale ogni anno nel nostro Paese si registrano circa 5mila nuovi casi di autismo, in media 14 al giorno. La cosa che più fa riflettere è il fatto che fino a qualche decennio fa non si dava ampio spazio a questo fenomeno e raramente se ne parlava, nonostante si inizi già a dare una definizione di autismo nel 1943.
Qual è il motivo? È forse cambiata la sensibilità delle persone al problema? O se ne parla di più perché sono aumentati i casi? O semplicemente, prima non molti sapevano riconoscere un autistico?
Secondo Stefano D’Arrigo, neuropsichiatra infantile dell’Istituto Besta di Milano, l'aumento dei casi di autismo nella popolazione è principalmente dovuto a una maggiore consapevolezza del problema, che consente di diagnosticare anche i casi più lievi, che in passato non venivano riconosciuti.
Inoltre, si è assistito a una “destigmatizzazione” della diagnosi, che fino a qualche anno fa era considerata un tabù dalle famiglie, mentre oggi è più accettata.
Un altro fattore che contribuisce all'incremento della prevalenza è l'aumento delle cause del disturbo. L'autismo è infatti il risultato di fattori multifattoriali, in cui una forte componente genetica si unisce a fattori ambientali che possono influenzare l'espressione clinica del disturbo. Una gravidanza a rischio, un'età avanzata dei genitori al momento del concepimento (oltre i quarant'anni per entrambi), e l'esposizione a sostanze tossiche durante la gravidanza (come le microplastiche, ad esempio) possono influenzare un soggetto geneticamente predisposto.
Ma quando si manifesta questo disturbo e quali sono i segnali che dovrebbero destare preoccupazione?
Di solito, il disturbo si fa notare nel secondo anno di vita, quando i genitori iniziano a osservare le prime anomalie. Il primo aspetto che frequentemente emerge è un ritardo nel linguaggio: il bambino può non parlare affatto o, dopo aver detto alcune parole, mostra una regressione nel linguaggio espressivo e, intorno ai 18 mesi, smette di parlare.
Per quanto riguarda le abilità motorie, di solito non ci sono problemi; anzi, i bambini con autismo tendono a essere molto attivi e mostrano una scarsa capacità di concentrazione, passando rapidamente da un'attività all'altra.
Un altro aspetto da considerare è l'interazione sociale, sia con i genitori che, ancor di più, con i coetanei. Questi bambini tendono a isolarsi e a non partecipare a attività di gruppo, mentre mostrano un forte interesse per oggetti, che non devono necessariamente essere giocattoli. Tra le attività più comuni c'è, ad esempio, l'aprire e chiudere continuamente cassetti o porte.
Altri segnali da monitorare includono l'assenza di risposta quando vengono chiamati, difficoltà a mantenere il contatto visivo e la presenza di movimenti ripetitivi, come il classico sfarfallamento delle mani, oltre a interessi e attività ripetute e focalizzate. Un aspetto comune di questi bambini è la preferenza per i cartoni animati in inglese, probabilmente perché più musicali. Spesso, alcuni di questi bambini, pur non parlando, riescono a ripetere canzoni in inglese o a contare in inglese. Questa caratteristica, che potrebbe sembrare un'area di ipersviluppo, in realtà suggerisce una difficoltà comportamentale.
Solo mediante una visita da uno specialista si potrà determinare se si tratta di un disturbo specifico del linguaggio o di un problema di comunicazione più serio, che può comportare una ridotta interazione sociale. Ad esempio, i bambini con disturbo dello spettro autistico, durante la valutazione clinica, non sembrano prestare attenzione ai medici o ai genitori; possono vagare per la stanza dell'ambulatorio, attratti da determinati oggetti, correre, passare da un gioco all'altro, avere difficoltà a rispondere quando vengono chiamati e non riuscire a mantenere un contatto visivo prolungato. Questi segnali spingono lo specialista a condurre una valutazione più approfondita per formulare una diagnosi. Maggiore è la tempestività nell'iniziare un intervento riabilitativo mirato, migliori saranno i risultati sullo sviluppo evolutivo del bambino. Per questo motivo, è fondamentale sensibilizzare gli educatori degli asili nido e delle scuole materne e, ancor di più, che i genitori accolgano eventuali segnalazioni: è preferibile una valutazione anche eccessiva piuttosto che una diagnosi tardiva.